martedì 3 ottobre 2017

LA SINDROME DELLE PERSONE SENZA PAURA

L’IPOPROTEINOSI DI URBACH-WIETHE


La paura ti è utile. Il panico ti uccide


L’uomo è spinto, nel suo agire quotidiano, dalle sensazioni primarie. 

Qualsiasi tentativo di eliminare dalla propria vita una di queste è una battaglia persa in partenza; e, per di più, controproducente. Esse sono infatti il motore delle nostre scelte, più o meno consapevoli.


Scopriamo oggi la PAURA e il suo correlato fisiologico, l’ANSIA

Esiste una patologia estremamente rara chiamata ipoproteinosi di Urbach-Wiethe la quale presenta, tra gli altri sintomi, la calcificazione di una zona del cervello denominata “amigdala”, uno dei centri per la gestione delle emozioni, tra cui appunto la paura. 

Il malfunzionamento dell’amigdala comporta che la persona non provi più  timore davanti a stimoli che normalmente metterebbero in stato di allerta, o anche di panico, l’essere umano .

E’ il caso ad esempio di S.M., una quarantenne americana, la quale non mostrò alcun segno di paura durante una rapina a mano armata della quale fu vittima*.



Può sembrare allettante vivere senza paura, ma cosa comporta realmente?

Significherebbe ad esempio passare con il rosso, non avere i riflessi pronti nel caso qualcuno attenti alla nostra vita, o più semplicemente distruggere relazioni sociali perché non curanti del giudizio altrui.

Insomma, vivere senza paura comporterebbe mettersi in pericolo, fisicamente e socialmente.



Quando allora la paura diventa patologica?

Non condivido in pieno le diagnosi preconfezionati che mirano ad etichettare le persone; per questo motivo possiamo dire che la paura diventa patologica qual’ora rappresenti un ostacolo nel raggiungimento dei propri obiettivi. Vi sono casi in cui l’elemento disturbante è rappresentato dalla quantità, ossia l’intensità della paura, in altri casi dall’incongruenza tra stimolo e sensazione.



Facciamo degli esempi

Un esempio del primo caso (paura ad alta intensità)  è quello di un mio ex paziente, al quale la normale ansia da prestazione del parlare in pubblico saliva fino al panico. E’ arrivato ora a goderne in piccole dosi, lo stretto necessario che permette di essere vigili sulla propria prestazione ed evitare così brutte figure che il panico invece provocava.

Nel secondo caso troviamo le fobie specifiche (animali, cose, situazioni, rumori….) :  la persona è perfettamente consapevole dell’irrazionalità della propria paura ma questo non permette di superarla, bensì getta nello sconforto l’idea di avere “paura per niente”.

Una combinazione tra i due casi è chiaramente visibile nel disturbo da attacchi di panico, dove l’impossibilità di spiegare il perché dell'attacco (mancanza di stimolo minaccioso) si accompagna ad una paura ad alta intensità che la persona più cerca di controllare, meno ci riesce.



Esiste un limite di tempo massimo per imparare a eliminare o gestire le proprie paure?

No. Non è mai troppo tardi per liberarsi da alcune paure o imparare a gestire l’ansia; il modello breve strategico ci sta inoltre insegnando che sebbene queste sensazioni ci accompagnino da molto tempo, non necessariamente il lavoro su di esse dovrà essere lungo. 


Dr.ssa Sabrina Trojani


* sebbene sia tutt'oggi confermato il ruolo dell’amigdala nella gestione della paura, alcuni ricercatori sono riusciti a innescare una sensazione di panico in persone affette dalla sindrome di Urbach-Wiethe attraverso l’inalazione di alte percentuali di anidride carbonica. 


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